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Empowerment

Creator Economy: luci, opportunità e rischi dell’economia dei social

Claudio Gagliardini
Di Claudio Gagliardini
Nato a Roma nel 1970, manca per pochi decenni la natività digitale, ma recupera con insospettabile freschezza alla fine degli anni ‘90 dopo numerose esperienze in ambito turistico-ricettivo, in giro per l’Italia. Il demone del web s’insinua in lui agli esordi della Rete nel Bel Paese, fino a diventare una professione, con l’avvento dei media sociali e del web 2.0, che integra l’impegno sino a quel momento speso in comunicazione e marketing per-digitali. Oggi è consulente, formatore e relatore in marketing e comunicazione, con particolare specializzazione sui social media e sulle opportunità offerte dalla Rete. Socio e co-fondatore di seidigitale.com [...]
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Pubblicato il 26.09.2022 alle 13:05

La cosiddetta creator economy ha già generato migliaia di professionisti e addirittura alcune nuove star, in tutto il mondo e in molti settori e ambiti, e passa oggi anche attraverso piattaforme come Patreon, OnlyFans, Twitch, oltre che attraverso siti più datati e noti come YouTube, Instagram e altre opportunità e strumenti offerti dalla Rete.
Quelli che un tempo definivamo User Generated Content (UGC) sono oggi potenti strumenti di monetizzazione per molti creatori del Web, che guadagnano in modi che, anche soltanto 20 anni fa, erano difficilmente immaginabili e spesso nemmeno perseguibili.
A rendere praticabili queste nuove prospettive è un mix di tecnologie, di competenze e passioni, ma anche una nuova concezione dell’essere e del relazionarsi, che ha completamente stravolto i canoni che hanno contraddistinto le generazioni nate e cresciute prima di Internet e del Web.

Creator economy: i nuovi protagonisti

Queste nuove figure professionali, così come quella dei cosiddetti influencer, devono il successo della propria attività alla capacità di raccontare in modo appassionante ed efficace le proprie attitudini, caratteristiche, conoscenze, passioni, competenze, abilità e interessi. Asset sui quali costruiscono contenuti che gli utenti della Rete consumano e apprezzano.

Ciò che fino a pochi anni fa era riservato alle testate giornalistiche, ai magazine, alla radio e alla tv è oggi infatti alla portata di tutti, grazie al Web e ai suoi strumenti, ma anche in virtù della disponibilità a basso costo di dispositivi che rendono possibile la creazione di contenuti di livello professionale anche ai singoli, oltre che alle organizzazioni professionali.

A fare la differenza tra un creator di successo e chi non ce la fa, non è dunque la disponibilità economica per acquistare gli attrezzi del mestiere, che oggi possono permettersi in molti, ma la creatività e la capacità di usarli in modo originale ed efficace. Doti che possono essere coltivate e affinate, ma che difficilmente possono essere costruite di sana pianta e dal nulla, senza che ci siano condizioni e caratteristiche di base, oltre ad una spiccata propensione alla comunicazione e alla condivisione, che significa soprattutto la capacità di creare una community di cui ciascuno può essere parte integrante e attiva e non soltanto spettatore o fan.

Quest’ultimo aspetto è cruciale rispetto alle opportunità e ai rischi della creator economy.
Se bastasse acquistare una fotocamera, uno smartphone, un computer o qualsiasi altro strumento per creare contenuti video, fotografici, scritti, grafici, etc., chiunque potrebbe imbarcarsi in un’avventura professionale di questo tipo, ma così non è.

Questo vale certamente per i temi più complessi e che richiedono un più elevato tasso di competenza o capacità, ma vale anche per quegli ambiti in cui apparentemente non occorrono particolari abilità o skill.

Una delle pieghe più controverse di questa nuova forma di business è correlata proprio a questo aspetto. L’assenza di barriere all’entrata in queste nuove opportunità genera anche rischi e ombre, soprattutto in un momento storico in cui il mondo del lavoro è in forte crisi e la necessità spinge molti a inventarsi e a provare.

Creator economy: l’esibizione del corpo

Su alcune piattaforme, ad esempio, questo ha determinato una proliferazione di contenuti che vanno dal nudo artistico al glamour fino alla pornografia vera e propria; ambiti in cui si mescolano gli skill di fotografi e video maker con l’entusiasmo di chi decide di provare una strada nuova o di cercare la propria. Al netto di qualsiasi giudizio etico sull’opportunità di tentare queste strade, la grande facilità con cui si può aprire un profilo e vendere qualsiasi genere di contenuto determina rischi che troppo spesso sono del tutto sottovalutati. Il più delicato è ovviamente il rischio reputazionale e relazionale, che soprattutto dai ragazzi più giovani è spesso addirittura ignorato, ma che nei prossimi anni potrebbe causare grossi problemi a chi non sarà riuscito a fare di un mero tentativo, o della semplice soddisfazione di una curiosità, un lavoro e una carriera veri e propri. Ovviamente questo vale per qualsiasi tipologia di contenuti e ambito, ma la nostra società è ancora fortemente critica rispetto all’esibizione del corpo e, ancor più, verso l’esposizione della sessualità, per perdonare chi non ce la farà a farne una professione e mollerà, ritrovandosi poi con un pesante bagaglio da gestire. Se nudo e porno hanno i loro rischi, tuttavia, non meno pericolosa è l’improvvisazione di qualsiasi altra competenza o passione. Creare contenuti di scarso livello determina un rischio reputazionale in qualsiasi ambito, con conseguente perdita di credibilità. Chi si macchia di questi errori rischia di perdere non soltanto l’opportunità di avere successo con la creazione di contenuti.

La reputazione nella creator economy

A distanza di anni, se non di decenni, ancora oggi i protagonisti dei primi reality show vivono nell’ombra (o nella luce) di ciò che furono in tv e sono ricordati per quei pochi giorni o mesi di popolarità, più che per ciò che hanno fatto in seguito. La zavorra reputazionale è certamente uno tra i rischi più imminenti della creator economy, così come l’eccessiva dipendenza dalle piattaforme, dalle loro politiche, dagli algoritmi e dalle regole, incerte e mutevoli. I pur buoni o addirittura ottimi guadagni di alcuni, fanno oggi principalmente la fortuna delle piattaforme che li ospitano, non sono in alcun modo garantiti e possono essere messi a rischio da qualsiasi cambiamento o restrizione che i siti su cui pubblicano o che gli Stati in cui esse operano dovessero imporre.

Questo non rappresenta un limite all’utilizzo di tali piattaforme o un’esortazione a lasciarle. ma un richiamo alla consapevolezza. Conoscere il Web e i suoi limiti e rischi è fondamentale per approcciare le sue opportunità nel modo corretto, limitando quanto più possibile i rischi. Che si usi il cervello o il corpo o entrambi per tentare la strada della creazione di contenuti in Rete, a fare la differenza è sempre e comunque il livello di consapevolezza e la capacità di trovare strade sicure, che diano vita a un business sostenibile e al riparo da eccessivi rischi reputazionali ed economici, che rischiano di compromettere ogni sforzo e di ipotecare il futuro di chi decide di correrli.

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