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Innovazione e Sostenibilità

Sostenibilità digitale, anche la posta elettronica inquina

Filippo Poletti
Di Filippo Poletti
Top voice ufficiale di LinkedIn in Italia, dal 2017 cura su LinkedIn la rassegna quotidiana dedicata aicambiamenti del lavoro ed è promotore del portale Rassegnalavoro. Ogni giovedì, su LinkedIn, conduce iltalk New Normal Live. Giornalista professionista, ha scritto per più di 30 testate come il Corriere della Sera.Si occupa di comunicazione digitale aziendale. Tra i suoi libri “Tempo di IoP: Intranet of People” dedicatoalla comunicazione interna d’impresa e “Grammatica della rivoluzione Covid” riservato agli esempi di vita ealle opportunità di lavoro nella nuova normalità.
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Pubblicato il 04.04.2022 alle 8:58

L’invio di un messaggio di posta elettronica comporta il consumo di energia e, conseguentemente, l’aumento dell’inquinamento sulla terra e delle emissioni di gas serra. “Dieci mail al giorno inquinano come 1.200 sacchetti di plastica”, ha titolato il quotidiano “Libero” pochi giorni fa, scuotendo le coscienze del mondo del lavoro. Secondo una nota ricerca sugli impatti ambientali della comunicazione elettronica presentata dall’Agenzia francese per l’ambiente, un’e-mail da un megabyte emette 19 grammi di CO2. Pertanto, otto e-mail inquinerebbero quanto un’auto che compie la distanza di un chilometro. Se consideriamo che nel 2022 – secondo le stime della società tedesca di ricerca Statista – si invieranno e riceveranno più di 333 miliardi di e-mail al giorno, non resta che riflettere sul tema della sostenibilità digitale. 

MANIFESTO PER LA SOSTENIBILITÀ DIGITALE: MINIMIZZARE IMPATTI NEGATIVI DELLA TECNOLOGIA

Un primo spunto di riflessione arriva dal “Manifesto per la sostenibilità digitale”, presentato nel 2019 dalla Fondazione per la sostenibilità digitale presieduta da Stefano Epifani, docente dell’università Sapienza di Roma. «Non ha senso limitarsi alla domanda se la tecnologia faccia “bene” o “male” – si legge sul portale –. La tecnologia non è buona o cattiva. Ciò non vuol dire che non produca effetti nell’una o nell’altra direzione. È fondamentale, quindi, interrogarsi sugli impatti negativi per minimizzarli, ma concentrarsi su quelli positivi per valorizzarli». Prioritario, dunque, è orientare gli sviluppi tecnologici affinché essi producano impatti positivi sulla società.

EDUCAZIONE DIGITALE, L’ESEMPIO DI BIOGEN SUI MESSAGGI POSTA ELETTRONICA

Accanto al tema del corretto sviluppo tecnologico c’è quello dell’educazione all’uso degli strumenti informatici. Quante e-mail non necessarie mandiamo ogni giorno? E quanta attenzione facciamo a quella che possiamo battezzare come “CCnite” ossia la malattia deresponsabilizzante di mettere in copia conoscenza tantissime persone? E ancora: oltre alla quantità dei destinatari, facciamo attenzione agli orari di invio per evitare di invadere la sfera privata delle altre persone? 

Singolare, a questo proposito, sono le regole adottate da Biogen: vietato mandare messaggi di posta elettronica prima delle 7:30 e dopo le 19:30, mai e poi mai nel corso del weekend. È una delle iniziative contenute nel programma “Bpositive” dedicato al benessere promosse da questa azienda biotech, premiata come Best Workplace nel 2021. Sul lavoro servono «collaborazione, consapevolezza e intelligenza emotiva», ha commentato Cecilia Masserini, responsabile HR sul supplemento “L’Economia” del “Corriere della Sera”. 

LA LEZIONE DI OLIVER BURKEMAN: DALL’“INBOX ZERO” ALL’“INBOX SOMETHING”

Un’ultima riflessione riguarda la gestione del tempo dedicato al lavoro: di fronte alle tante e-mail che riceviamo la reazione potrebbe essere quella di trascorrere le giornate a rincorrerle, rispondendo. Un consiglio su come comportarsi arriva dal giornalista del quotidiano britannico “Guardian” Oliver Burkeman, autore del libro “Four Thousand Weeks: Time Management for Mortals”: «Le mie risposte veloci generavano ancora più e-mail dai miei corrispondenti. Così ho imparato a prendermi più tempo prima di rispondere, accettando di essere un corrispondente imperfetto», ha spiegato a “Repubblica”. Le giornate vanno utilizzate al meglio, perché abbiamo (in media) 4 mila settimane di soggiorno su questa terra. Alla sindrome dell’“inbox zero” possiamo sostituire il modus operandi dell’“inbox something”. 

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