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Empowerment

La storia di Caroline Farberger, primo CEO al mondo ad aver cambiato sesso

Federico Bastiani
Di Federico Bastiani
Sono giornalista pubblicista, nato nel 1977 a Pisa e laureato in Economia aziendale. Ho scoperto la passione per il giornalismo dopo un viaggio a Buenos Aires e l’incontro con le Madri di Plaza de Mayo. Da quel momento non ho più smesso di scrivere collaborando con varie testate. Sono startupper (cofondatore di emotID), collaboratore dell’economista Loretta Napoleoni e soprattutto babbo di Matteo e Noah. Sono anche l’agente letterario dell’esploratore inglese George Meegan (La Grande Camminata, Mursia, 2012). Nel 2010 ho curato il libro edito da Rizzoli A riveder le stelle sul Movimento a Cinque Stelle. Il mio motto è “il possibile [...]
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Pubblicato il 13.07.2021 alle 10:19

Caroline Farberger non dimenticherà mai quel 14 settembre 2018.  “Avevo chiesto un incontro con il mio manager, una donna, cinque mesi prima dell’operazione. Le comunicai che mi sentivo una donna e che avevo necessità d’identificarmi nel mio genere sessuale”. Caroline è CEO di un’azienda di assicurazioni svedese. La sua scelta è stata accolta con rispetto e supporto dal management

Il 14 settembre è stato il giorno in cui Carl è diventa Caroline ed ha comunicato la sua decisione a tutta l’azienda. In realtà aveva iniziato a fornire dei segnali. All’epoca aveva cinquant’anni ed iniziò a farsi crescere i capelli. Nessuno fu particolarmente colpito, pensarono alla classica crisi di mezza età. Quella mattina entrò in ufficio con un elegante tailleur, gonna e tacchi. Un po’ di stupore ma alla fine tutto il suo staff ha accolto con piacere ed ammirazione la nuova vita di Caroline.

Anche la sua famiglia è stata dalla sua parte. Caroline è sposata con Yvla, sua moglie, con la quale ha avuto due figli di quindici e dieci anni. Per loro non è stato uno shock particolare ma hanno comunque deciso di continuare a chiamarla “papà”.  “Credo che le nuove generazioni siano più propense ai cambiamenti ed abbiamo maggiore elasticità mentale” afferma la Farberger.

La sua storia finisce sulle prime pagine dei quotidiani svedesi. L’azienda non si fa trovare impreparata e nomina un addetto stampa per gestire l’attenzione mediatica e convogliare il clamore suscitato, in un esempio di diversità ed inclusione.

“Credo fermamente che le aziende per avere successo debbano essere inclusive. La concorrenza è sempre agguerrita ed è fondamentale acquisire talenti con qualsiasi background in modo da costruire team eterogenei”.

Sentirsi a proprio agio nell’ambiente di lavoro, è quello che ha reso la vita più semplice a Caroline supportata a tutti i livelli, dal management ai suoi impiegati. “Quando la mia storia è diventata pubblica quello che mi ha colpito maggiormente è stato ricevere messaggi di sostegno da tante persone transgender che vedevano in me una speranza di realizzazione professionale a prescindere dalla propria identità ed incredibilmente pochi haters”

Secondo Caroline è importante lavorare sulla mentalità.  La “normalità” è circondarsi di persone che la pensano allo stesso modo trascurando il fatto che diversità di pensiero ed opinioni, significa arricchimento.

Il cambio di sesso ha permesso a Caroline di osservare cambiamenti nella dinamica aziendale. “Quando ero Carl iniziavo le riunioni comunicando le mie opinioni sugli argomenti all’ordine del giorno. Adesso prima ascolto gli altri. Ho notato che le donne che lavorano con me oggi sono più aperte rispetto a prima quando si limitavano a sorridere ed annuire”. Il suo è un punto di vista privilegiato che le ha permesso di osservare come le donne siano più propense all’ascolto rispetto agli uomini ed abbiano qualità migliori nella leadership.

In Italia le donne CEO alla guida delle aziende sono solo il 18% del totale, in calo rispetto al 2020. “Non credo nelle quote rosa. Inclusione non significa far sedere delle donne ad un tavolo, significa ascoltarle e metterle a proprio agio. Ad esempio, se le riunioni del consiglio d’amministrazione sono sempre fissate alle 18, già questo dimostra poca sensibilità per chi deve anche prendersi cura della famiglia”.

La strada verso una vera e sentita inclusione aziendale è molto lunga e complessa. Retaggi storici e culturali rallentano quel percorso d’arricchimento che solo la diversità può portare. La storia di Caroline è la testimonianza vivente che il cambiamento è possibile.

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