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Empowerment

Quattro utili consigli per vincere la paura di prendere la parola

Lorenzo Cavalieri
Di Lorenzo Cavalieri
Fondatore e Direttore di Sparring, società di formazione e consulenza che diffonde la cultura della buona vendita: allenamento, semplicità, emozioni. Dopo un’esperienza manageriale come selezionatore e cacciatore di teste si occupa dal 2008 di sviluppo delle risorse umane, outplacement e coaching (è un coach certificato ICF). Da specialista di orientamento nel mondo del lavoro cura per scuole, università e business school progetti di promozione di un approccio imprenditoriale al lavoro. Ha raccolto la sua visione del nuovo mondo del lavoro nel libro “Il lavoro non è un posto”. Precedentemente aveva pubblicato “Mi vendo bene ma non sono in vendita” e “Vendere [...]
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Pubblicato il 17.01.2017 alle 14:30

Anche se in pochi lo dicono esplicitamente, la capacità di “prendere la parola” per difendere una tesi o presentare un progetto o un’idea è una delle competenze trasversali più apprezzate nel nuovo mondo del lavoro.
Molti di noi riescono facilmente a “prendere la parola” davanti a dei colleghi o a dei clienti. Per altri, invece, dal punto di vista emotivo esporre in pubblico è molto più complesso. Soprattutto per le persone introverse si tratta di una performance problematica. Evitiamo di dire la nostra davanti agli altri anche quando magari abbiamo qualcosa di interessante e utile per tutti, lasciamo che sia qualcun altro a parlare, magari per dire banalità o stupidaggini. In tanti soffrono questa incapacità. Desidererebbero ardentemente “prendere la parola”, ma quando arriva il momento una forza incontrollabile li costringe a tacere. È davvero un peccato perché quando sappiamo “prendere la parola” senza esitazione trasmettiamo agli altri sicurezza e autorevolezza, aumentiamo la nostra visibilità e la nostra capacità persuasiva.
Ecco quattro consigli a portata di mano per provare a superare questo limite:
1) quando è possibile chiediamo prima che la riunione cominci a chi gestisce la riunione di chiamarci in causa per una questione specifica. In questo modo non dovremo essere noi a vincere l’imbarazzo e a trovare la forza di alzare la mano o alzarci in piedi, ma saremo costretti a farlo per rispondere ad una richiesta specifica. Insomma se non abbiamo la forza di tuffarci, chiediamo a qualcuno di spingerci in acqua.
2) Impariamo a memoria l’incipit del nostro intervento, il primo minuto. Mettiamolo per iscritto. Sono circa 5/6 righe di documento word. Memorizziamole e recitiamole ad alta voce per almeno tre volte. Avere le parole pronte nel momento in cui ci ritroveremo con le pulsazioni accelerate, il viso paonazzo e gli occhi bassi ci aiuterà a superare l’impatto emotivo del confronto con gli altri;
3) spesso non “prendiamo la parola” per paura che gli altri giudichino quello che diciamo o ci giudichino per quello che diciamo. Questo timore può essere ridimensionato se invece che esporre il nostro pensiero, ci limitiamo, almeno in un primo momento, a condividere un’informazione inedita che può essere interessante per il nostro uditorio, o in alternativa a porre una domanda di chiarimento ai presenti. Una volta rotto il ghiaccio ci dedicheremo a presentare la nostra tesi/idea.
Per la verità ci sarebbe un quarto suggerimento molto più potente dei tre appena presi in esame, ma non sempre è possibile adottarlo:
4) Troviamo un nemico. Un’idea da combattere, un pericolo da scongiurare. Se trovassimo questo “nemico” troveremmo un surplus di energia e passione che ci porterebbe a “uccidere il nostro killer”. Senza accorgercene il timore e l’imbarazzo del prendere la parola davanti a tutti si squaglierebbero come neve al sole.
Impariamo a prendere la parola più spesso, con regolarità. Non facciamoci fregare dai soliti alibi: “Sto zitto, tanto non cambia niente”; “Sto zitto, tanto lo dirà sicuramente qualcun altro”; “Sto zitto, tanto non è una cosa importante”.

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